Evoluzione o creazione?


Antonio Dovico – Della storiella che racconto per introdurre il discorso ricordo poco, tranne il succo di cui conservo il sapore. Il protagonista era un filosofo cieco. In ogni caso una persona che aveva molto credito presso la gente che lo conosceva. Quando gli parlavano della luce, egli negava che esistesse, e ben a ragione, perché la cecità non glielo consentiva. La cosa fu riferita a Buddha – mi pare di ricordare – il quale chiese che il personaggio fosse condotto in sua presenza. Guardatolo negli occhi, vide che a renderlo cieco erano delle scaglie, che subito lui rimosse, consentendogli l’acquisto improvviso della vista. Quando la luce sfolgorò nelle pupille di colui che la negava, la gioia entrò nel suo cuore, e le sue labbra gridarono forte: la luce esiste, sì!, la vedo, la luce esiste!

Il nostro scettico personaggio si era arreso all’evidenza: egli era semplicemente privo della vista degli occhi.

Grazie ai nostri sensi, tutti dovremmo trovarci d’accordo nel definire concordemente ciò che ci circonda, fatte salve piccole sfumature che rientrano in un criterio di inevitabile soggettività, dovuta sia alla nostra esperienza che alla taratura dei nostri organi sensori.

Se il cavallo sul quale abbiamo puntato gli occhi io e il mio amico,viene definito da me grande, e da lui piccolo, può essere perché io in precedenza ne avevo visto uno molto più piccolo, e lui uno molto più grande. Questa è l’esperienza. Per la taratura di un organo, faccio l’esempio di un suono. Uno lo percepisce forte e l’altro debole. La divergenza può dipendere dalla particolare sensibilità dell’orecchio. Tuttavia non si nega l’esistenza del cavallo e neppure del suono. Le basi per raccordare i punti di vista con un onesto ragionamento, ci sono. Esse vengono a mancare quando il cavallo viene chiamato bue e il suono tonfo.

Quando Dio non volle che gli uomini continuassero nella costruzione della torre di Babele, confuse le loro lingue, ed essi si dispersero per il mondo.

La Bibbia non dice quali furono gli effetti pratici che impedirono di continuare il lavoro, ma possiamo immaginarlo. Se invece di tavole per i ponteggi arrivavano mattoni o malta, o vino invece che acqua, era impossibile continuare.

Parlare la stessa lingua e rispettare i nomi convenzionali assegnati alle cose, è della massima importanza, pena il fallimento di qualsiasi impresa umana.

L’uomo evoluto del terzo millennio avrebbe tutti i mezzi tecnico-scientifici per non incorrere in errore nel chiamare col giusto nome cose, fatti, e persone; meglio e più di quanto poteva farlo il suo antenato “homo sapiens”. L’uomo contemporaneo ha i mezzi, ma non ha l’onestà pura del predecessore quasi scimmia. Ha continuato a sviluppare la sua sapienza adattandola ai propri gusti, quanto basta per trovare conveniente chiamare giustizia l’ingiustizia, luce le tenebre, libertà la schiavitù verso un padrone dotato di forte potere seduttivo. La babelica situazione in cui versa l’uomo di questi ultimi giorni, mi fa pensare che l’evoluzione dell’homo sapiens è continuata fino alla perfezione, disperatamente e incosciamente perseguita: quella dell’Homo demens!

Se il cieco della storiella iniziale era soltanto fisicamente cieco, la sottospecie evolutasi dalla scimmia darwiniana è cieca di mente. Forse ho dimenticato qualcosa!

12-10- 2006

Rivisito questo mio scritto dodici anni dopo, poche ore prima che si manifesti la spettacolare Eclissi di luna, con inizio alle 21,00 del 27 luglio 2017, domanderei agli appassionati credenti nel “Caso” che avrebbe creato e dato ordine all’Universo, dove sono depositati i progetti scientifici così precisi che esso “caso” ha elaborato? Per caso il “caso” non è il dio degli imbecilli?

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